Integrazione non significa rinunciare alle tradizioni

Domenica 29 Novembre 2015
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Caro direttore,
nella nostra tradizione il Natale e il presepe sono sentiti come il simbolo profondo del nostro credo, dell'amore e della cristianità. Simboli che si tende a mettere in un angolo; prima via il crocifisso dalle aule scolastiche, ora anche il veto al presepe, alle recite e alle nenie natalizie. Il tutto per non urtare la suscettibilità di chi professa una religione diversa dalla nostra e, contestualmente, si predica a favore dell'integrazione. Giusto il principio dell'integrazione, ma di questo passo viene da chiedersi se siamo noi che dobbiamo integrarci a chi arriva nel nostro Paese.


Celeste Balcon
Belluno


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Caro lettore,
mi chiedo perché mai la vista di un presepe o di un crocefisso dovrebbe urtare la suscettibilità di un musulmano o di un induista: credo che nessuno di noi se andasse a vivere in un paese islamico avrebbe la pretesa di vedere cancellati i simboli tradizionali di quella religione.

L'idea che integrazione significhi appiattimento o cancellazione dell'identità prevalente e delle tradizioni secolari di un popolo è semplicemente folle. Anzi è una violenza intollerabile. La realtà è che per rispettare gli altri bisogna innanzitutto rispettare se stessi. E credo che questo sia il vero problema.
Quegli insegnanti che vietano i presepi o la visita di mostre dove è esposto un crocefisso, non sono maestri né di democrazia né di integrazione, sono uomini senza qualità incapaci di fare i conti con una società in forte cambiamento e che, proprio per questo, ha bisogno di valorizzare le proprie identità, non annacquarle in un minestrone politicamente corretto.

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