In ospedale in Slovenia
e Montebelluna: ecco le differenze

Sabato 15 Agosto 2015
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Vorrei condividere qualche considerazione sul nostro servizio sanitario, in base a una recente esperienza.

Qualche giorno fa, in vacanza in Slovenia, mia moglie ha subito un lieve infortunio e ha dovuto ricorrere al pronto soccorso dell’ospedale di Murska Sobota, piccola località ai confini con l’Ungheria.

In poco meno di due ore, è stata eseguita una prima visita, la radiografia, la conseguente diagnosi (frattura di un osso del polso) e l’ingessatura di tipo rimuovibile.

Il personale parlava inglese; nella sala d’aspetto era presente un questionario riguardante la qualità del servizio e i tempi d’attesa (risposte possibili erano del tipo fino a 15 minuti, fino a 30 minuti etc….)

Il medico, giovane e competente, ci ha spiegato in ottimo inglese la situazione e la prognosi, prestando attenzione al nostro caso specifico.

È stato rilasciato il certificato, la cui sezione relativa alla diagnosi è compilata in latino, forse nella illusione che gli omologhi italiani ancora sappiano leggere – e scrivere – in tale lingua. È stato inoltre indicato di ripetere la radiografia in Italia.

Il 13 agosto ci siamo recati al pronto soccorso dell’ospedale di Montebelluna (TV) dove risiediamo.

La permanenza in ospedale è durata circa 8 ore (arrivo alle 9.15, ingresso registrato alle ore 9.48, uscita alle 17.30).

In tutto questo periodo è stata svolta la radiografia, confermando sostanzialmente diagnosi e prognosi; l’unica operazione è consistita nel rivestire l’ingessatura con una garza di cotone.

Il pronto soccorso è dotato di monitor che indicano l’avanzamento delle varie pratiche, ma ciò mi sembra puro sadismo. È anche affisso un foglietto, scritto con una sintassi sgangherata, che invita a rivolgersi al personale per avere bottigliette d’acqua.

Tutto qui. In un paio di settimane ci sarà una visita di controllo, con altre attese e ticket da pagare.



Vorrei quindi rinnovare il mio apprezzamento al personale dell’ospedale di Murska Sobota.

Riguardo invece alla “nostra” sanità, sarebbe facile cadere nella banalità: per un infortunio lieve si impiega meno tempo a raggiungere una località slovena vicina e dotata di ospedale.



Immagino le solite giustificazioni: emergenze impreviste, personale insufficiente, finanziamenti tagliati… Storie già sentite altre volte, in cui ho dovuto rivolgermi ai servizi ospedalieri.



Mi chiedo se le nostre amministrazioni possano produrre, a parte le solite invettive sterili, qualche risposta concreta, in termini di procedure, organizzazione delle risorse etc. Basterebbe un minimo di buon senso, investigando sulle radici di questi e altri disservizi; ci sono eccellenti metodi di miglioramento in uso nelle aziende che possono essere d’aiuto.



Per coincidenza, lo stesso giorno mi è stata recapitata la nuova tessera sanitaria con microchip. Questa viene entusiasticamente presentata come “smart card” per accedere a “servizi innovativi”: a parte l’uso assurdo dell’inglese (quando non si sa cosa comunicare ai cittadini…), chiedo se tra i servizi innovativi c’è anche una ragionevole attesa presso le nostre strutture ospedaliere.



Luigi Basso
Ultimo aggiornamento: 12:05

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