Marino, colpo di scena: «Non mollo». Il Pd prepara la sfiducia

Sabato 24 Ottobre 2015 di Simone Canettieri e Fabio Rossi
Marino
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Sembra molto divertito. Di mattina arriva in Campidoglio, saluta i cronisti e assicura: «Sto benissimo». Di pomeriggio in giunta dà il via libera ai concerti di Capodanno nelle periferie. Poi in serata Ignazio Marino, il sindaco dimissionario ma non troppo, dice: «Mi dicono tutti resisti, e allora resistiamo. Non molliamo».

Il messaggio arriva forte e chiaro: mettetevi comodi, per l'ultimo colpo di scena c'è ancora tempo.

Il sindaco di Roma - le cui dimissioni, se non ritirate, diventerebbero irrevocabili tra otto giorni - lancia l'ultima sfida da Villa Torlonia, intervenendo all'inaugurazione della mostra di Mario Sironi. «Nella vita non bisogna mai mollare - spiega ai presenti - Come ho già detto, sto riflettendo come prevede la legge». Tanto per chiarire, il chirurgo non sta pensando alle prossime elezioni comunali - «Ancora non ci sono», commenta sibillino - e neppure alle primarie del Pd. Ma a quelle dimissioni che ha presentato formalmente lo scorso 12 ottobre, e che potrebbe rimangiarsi fino al 2 novembre. Nel frattempo, è in arrivo l'evento spartiacque: domani a mezzogiorno i suoi sostenitori si riuniranno in piazza del Campidoglio, proprio sotto le finestre di Palazzo Senatorio, per chiedergli di resistere. Se il passaparola di questi giorni dovesse funzionare, e la manifestazione si trasformasse in un bagno di folla, Marino potrebbe pensare al coup de théâtre: annunciare il ritiro delle dimissioni e convocare il consiglio comunale per il 5 novembre. Non una data qualsiasi, ma il giorno in cui è in programma la prima udienza del maxi processo di Mafia Capitale. Lo scenario è ritenuto dal cerchio magico «più che realistico», anche perché i sondaggi che girano stanno tutti dalla parte del sindaco in guerra con il partito.

LA STRATEGIA

L'eventuale mossa a sorpresa dell'inquilino del Campidoglio non avrebbe vasti orizzonti politici davanti a sé: quasi tutti gli assessori sono pronti a lasciare la giunta comunque a fine mese (ieri si è consumato lo strappo con il suo vice Marco Causi), e anche in assemblea capitolina, con l'annunciata defezione del Pd, non ci sarebbero più i numeri per governare. Ma nelle intenzioni di Marino sarebbe un modo per lasciare il colle capitolino da «martire delle trame politiche» e per punire il suo partito, colpevole «di non averlo mai appoggiato nei momenti più delicati» e già squassato tra una base in rivolta per la gestione della crisi in Comune e le critiche a Matteo Orfini, ieri confermato commissario romano dem dalla direzione nazionale. Nel Pd si teme che il passaggio in aula Giulio Cesare possa rivelarsi fatale per l'immagine di un partito già in grossa difficoltà nella Capitale.

LA TRATTATIVA

Dal cerchio magico del sindaco continuano però a partire segnali di possibili compromessi: Marino chiede un “riconoscimento politico” del suo lavoro, che però dal Nazareno non sembrano aver alcuna voglia di concedere. «Il sindaco è entrato nel Pd quando è nato - dice Alessandra Cattoi, assessore capitolino al patrimonio e fedelissima del chirurgo - Pensare che si candidi fuori dal Pd a me sembra una cosa veramente curiosa». Una lista civica, argomenta Cattoi, «verrebbe fatta per dare fastidio al Pd o ad altri: non penso che Marino voglia fare questo». E Marta Leonori, assessore alle attività produttive, parla di «una richiesta da parte del sindaco di chiarire come si va avanti e quale eredità lascia questa amministrazione». Prove di dialogo, insomma, che però non trovano riscontri positivi dalle parti di Palazzo Chigi. Anche se sono sempre di più quelli che tirano in ballo Luca Lotti, braccio ambidestro del premier, come possibile pontiere. Nel dubbio oggi i consiglieri comunali torneranno a rapporto da Orfini, che ribadirà la linea della fermezza: «La partita è finita, non si torna indietro».

Se Marino dovesse puntare allo showdown in assemblea capitolina, il Pd ha già pronto il piano B: una lettera in cui vengono spiegati tutti i motivi per cui il principale partito del centrosinistra «non può più appoggiare il sindaco» e ritiene quindi «chiusa la consiliatura». Il documento, da rendere pubblico in caso di ritiro delle dimissioni, servirebbe a spiegare le ragioni dem e ad annunciare il voto contrario al sindaco ancor prima di mettere piede in assemblea capitolina. In tutto questo c'è il prefetto Franco Gabrielli chiamato a gestire un'evenutale fase commissariale: «A Roma è la stagione di guardare avanti».

Ultimo aggiornamento: 14:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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