«Se sono certi è un guaio». Si riferisce alle tracce del Dna trovate sugli slip e sui leggins di Yara Massimo Bossetti, il muratore di Mapello (Bergamo) accusato di aver ucciso la ragazzina scomparsa a Brembate Sopra il 26 novembre 2010 e ritrovata morta tre mesi dopo in mezzo alle sterpaglie di un campo a Chignolo d'Isola.
Bossetti, in una intercettazione agli atti dell'inchiesta della Procura di Bergamo appena chiusa, nel luglio scorso in un colloquio in carcere con i familiari parlando con la moglie Marita Comi e il cognato Agostino (fratello della donna), a un certo punto afferma: «Loro dicono che è stata picchiata sulla testa, seviziata, violentata».
Ultimo aggiornamento: 3 Marzo, 13:00
Bossetti, in una intercettazione agli atti dell'inchiesta della Procura di Bergamo appena chiusa, nel luglio scorso in un colloquio in carcere con i familiari parlando con la moglie Marita Comi e il cognato Agostino (fratello della donna), a un certo punto afferma: «Loro dicono che è stata picchiata sulla testa, seviziata, violentata».
E Marita: «No...no...no». Bossetti prosegue: «Ed il mio Dna è sul...basta... la mia fregatura è quella!». E dopo aver negato qualsiasi sua responsabilità, il muratore aggiunge: «Però se son certi è un guaio!».