Cucchi, poliziotti e medici tutti assolti.
L'ira della famiglia: «Assurdo»

Sabato 1 Novembre 2014 di Sara Menafra
Cucchi, poliziotti e medici tutti assolti. L'ira della famiglia: «Assurdo»
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ROMA Il giudice Mario Lucio D’Andria non ha neppure del tutto finito di leggere il verdetto di appello, quando la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, esce dai banchi, attraversa la siepe di giornalisti e avvocati ancora attonita, e si allontana verso il fondo della sala, con gli occhi gonfi di lacrime, scuotendo la testa. La corte di Appello del tribunale di Roma ha deciso di assolvere tutti gli imputati per la morte del ventitreenne romano, avvenuta il 22 ottobre del 2009 mentre Stefano era in stato di arresto nel reparto ”Protetti” dell’Ospedale Sandro Pertini. Non solo gli agenti di polizia penitenziaria che lo avevano in custodia ed erano usciti indenni in primo grado, dunque, ma anche i medici e gli infermieri. Il 5 giugno 2013, infatti, la III Corte d'Assise aveva condannato i medici a un anno e quattro mesi e il primario a due anni di reclusione per omicidio colposo, un medico a 8 mesi per falso ideologico, e aveva scelto di assolvere invece sei tra infermieri e guardie penitenziarie. La sentenza di appello, sebbene assestata sull’insufficienza di prove, si ferma un passo prima: all’impossibilità di stabilire la causa della morte di Stefano Cucchi.



LA STORIA

La storia di questo ragazzo è stata raccontata mille volte. Il 15 ottobre 2009, Cucchi, giovane geometra con precedenti per spaccio, viene fermato dai Carabinieri mentre sembra vendere delle confezioni di hashish. I militari che lo controllano gliene trovano in tasca dodici bustine e lo portano nella stazione di Tor Sapienza, dove passa la notte in attesa del processo per direttissima che si svolge la mattina dopo nelle aule del tribunale di Piazzale Clodio. Gli otto carabinieri, che lo tengono in custodia e la mattina dopo lo accompagnano nelle celle del tribunale, non sono mai stati indagati. Sentiti a verbale hanno dichiarato che Stefano, la prima sera, aveva avuto un malore era stato necessario chiamare il 118. La mattina del 16, Cucchi arriva nelle celle di piazzale Clodio e resta praticamente solo con gli agenti della polizia penitenziaria per alcune ore. In questo lasso di tempo, si situa la testimonianza di Yaya Samura, ghanese detenuto nella cella accanto a quella di Cucchi, che dice di aver sentito il pestaggio e che il giovane glielo avrebbe confermato. Nell’aula delle direttissime, Cucchi arriva coi pantaloni macchiati di sangue, segni sotto gli occhi e difficoltà a stare seduto per quella che si scoprirà essere una frattura all’osso sacro. Dopo l’udienza, viene portato prima all’ospedale Fatebenefratelli, dove gli refertano ecchimosi e lesioni, quindi in carcere e infine all’Ospedale Sandro Pertini, dove muore il 22 ottobre.



I POLIZIOTTI

Con una scelta che ha sicuramente stupito anche le parti civili, il procuratore generale Mario Remus in aula ieri ha puntato su una nuova ricostruzione chiedendo condanne per tutti ma sostenendo che gli agenti avrebbero pestato Cucchi «dopo» l’udienza di convalida. Prima della sentenza, ieri mattina, due dei poliziotti, Nicola Minichini e Antonio Domenici hanno letto alcune dichiarazioni. «Dopo 25 anni di servizio», ha detto Minichini: «riesco a riconoscere i segni dei pugni e posso dire che quei segni sotto gli occhi di Stefano Cucchi davano più l’impressione di una malattia». Domenici, invece, ha letto una lettera in cui spiega che la sua unica colpa è essere stato in servizio la mattina del 16 ottobre.



LA FAMIGLIA

Per la famiglia di Stefano la sentenza è stato un duro colpo. «Mio figlio è morto ancora una volta», ha detto la madre, Rita Calore.
Mentre il loro avvocato, Fabio Anselmo, ha già confermato che dopo la lettura delle motivazioni presenteranno ricorso anche in Cassazione. Tra le polemiche finisce anche la scelta di intitolare una strada a Cucchi. La mozione, presentata dal gruppo Sel in Campidoglio, è stata approvata dall’assemblea. Ma il presidente del sindacato di polizia Sap ha fatto appello al sindaco Marino perché non dia seguito alla decisione presa: «Visto che il Campidoglio aveva negato la possibilità di una via per la Fallaci, ci auguriamo adesso una valutazione positiva per eroi veri, come Raciti (agente morto nello stadio di Catania nel 2007 ndr). Attendiamo la risposta del sindaco Marino».
Ultimo aggiornamento: 2 Novembre, 10:09

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