Loris, funerale e polemiche: il cuscino della madre fuori dalla chiesa

Venerdì 19 Dicembre 2014 di Nino Cirillo
Loris, funerale e polemiche: il cuscino della madre fuori dalla chiesa
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SANTA CROCE CAMERINA (Ragusa) Davide che entra da un portoncino laterale della chiesa, dietro alla bara bianca del suo Loris, una corona di rosse gialle, bianche e rosse con su scritto soltanto «Il papà e il fratellino».



Veronica - anche lei ha mandato i suoi fiori a questo funerale, «la mamma» - dovrà invece rassegnarsi: i fiori rimangono miseramente sul sagrato, la famiglia Stival ha deciso che in chiesa non possono entrare. Esiste condanna più condanna di questa? Davide è l'ombra di un giovane uomo. Quel giubbotto gli sta sempre più grande, gli occhi sono sempre più gonfi, Loris gli manca ogni giorno di più.



La bara che alla fine volteggia, prima di scomparire nel furgone, secondo un rituale quasi primitivo, e lui che sopporta tutto e con grande dignità. Veronica, dal carcere di Catania - perché è l'unica accusata di aver strangolato Loris, e di averlo gettato in un canale di scolo -, ha chiesto di esserci, ha chiesto di essere presente almeno alla tumulazione. Ma l'ha fatto proprio in extremis, intorno a mezzogiorno, e così, quasi gioco forza, le è stato detto no anche alla tumulazione, il più tragico e definitivo dei momenti.



CHIESA BLINDATA

Funerali crudeli e blindati. Il timore che potessero crearsi problermi di ordine pubblico ha convinto la Prefettura di Ragusa a un dispiegamento di forze mai visto per l'ultimo saluto a un bambino di otto anni. Alle due e un quarto, a sorpresa, è arrivata al bara e da lì in poi, almeno per un'ora, sono riusciti a varcare le transenne sono gli appartenenti a una specialissima lista di parenti stretti, trenta nomi in tutto. I nonni paterni Andrea e Pinuccia, la zia Giovanna, gli altri zii Jessica e David, il padre di Veronica, Francesco Panarello, l'uomo che le ha dato un cognome.



PIAZZA STRACOLMA

No, Orazio Fidone no: il cacciatore, il pensionato dell'Enel che quel pomeriggio scoprì il cadavere di Loris dalle parti del Mulino Vecchio, si è presentato in chiesa a messa già iniziata ed è rimasto bene in disparte, quasi in fondo alla navata. Come pure Antonella, la sorella di Veronica, che qualche contributo alle indagini l'ha portato, non solo discrivendola come «aggressiva e violenta», ma anche rivelando che il Mulino Vecchio lei già lo conosceva, che ci andava a «prendere l'acqua tutti i giorni da piccola».



Monsignor Paolo Urso, vescovo di Ragusa, è arrivato sull'altare pochi minuti dopo le tre e mezza. C'erano i compagni di classe di Loris proprio davanti, e sulla sinistra tutti gli Stival, in una chiesa stracolma. Come stracolma era la piazza, almeno duemila persone. Quel giorno, quel sabato 29 novembre, il vescovo era in Spagna: «La notizia mi fu data da due sms laconici e freddi, come fredda è la morte: bambino scomparso a Santa Croce, bambino ucciso...».



Oggi si chiede: «Come si può uccidere un bambino? Solo un folle, un pericoloso folle può compiere un tale gesto. Un folle che deve essere fermato». Un'ora dopo la messa è finita. Prima che la bara esca, si avvicina al microfono Teresa Iacona, una delle maestre di Loris, una delle due insegnanti alle quali Veronica, il lunedì dopo l'omicidio, consegnò precipitosamente delle fascette elettriche, lo stesso tipo di fascette che ha utilizzato chi ha ucciso Loris: «Ci mancheranno i tuoi occhi castani, la tua gioia, la tua voglia di vivere». La bara bianca va via tra gli applausi, i palloncini bianchi si levano in cielo, come a liberare una tensione insopportabile.

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