Il padre della vittima: «Darò centomila euro a chi aiuta la polizia a trovare quegli infami»

Venerdì 29 Agosto 2014 di Laura Bogliolo
Mario Pace, il padre della vittima
Il divano letto ancora da rassettare. Ha dormito qui, dice Lucia stringendo al petto le lenzuola. L’ingresso di casa Pace è dominato da una gigantesca foto di Pietro con la figlia di 8 anni e da poesie dedicate a mamma Maria.



Papà Mario, cardiopatico, trattiene le lacrime e posa le valigie: «Ho visto arrivare mia figlia Lucia all’alba a Roseto degli Abruzzi dove ero in vacanza con mia moglie, non voleva che ci avvertisse la polizia». Poi la corsa in auto a Roma, a Cinecittà, dove i genitori della vittima vivono da sempre.



Mario Pace, chi può aver ucciso suo figlio?

«È un incubo, Pietro non aveva debiti e non faceva uso di droghe, lavorava molto e mercoledì aveva fatto il doppio turno, aveva chiamato la mamma un’ora prima di essere ucciso: “Mamma passo a casa a innaffiare le piante di peperoncini” aveva detto. Poi sarebbe dovuto andare a prendere la figlia che tornava da Gardaland. La polizia ha perquisito la casa di Pietro e della gemella Lucia ad Anagnina e non ha trovato niente».



Droga, debiti, esclude queste piste? Alcuni vicini di Pietro si erano lamentati per il continuo viavai di “brutti ceffi”.

«Brutti ceffi? Sono gli amici di mio figlio, li conosco da sempre. Magari qualcuno ha avuto qualche problema, ma mio figlio non c’entrava con la droga e non aveva debiti. Se qualcuno vuole soldi da te non ti uccide. Forse una vendetta per una storia d’amore: frequentava da due mesi una ragazza che era sposata con un uomo che è in carcere».



Pensa quindi alla vendetta passionale?

«Forse, mio figlio era bello come il sole, aveva avuto tante donne, poi il rapporto con questa ragazza che ha il marito in carcere per un’aggressione ai Castelli romani. Pietro può aver sbagliato, ma non meritava la morte. Mia moglie è disperata: continua a ripetere il suo nome. Pietro dalla sua ex compagna aveva avuto una figlia, la mia nipotina, che chiamava ogni mattina e adesso cosa le dirò?».



Aveva visto suo figlio preoccupato? Aveva ricevuto minacce?

«No, era tranquillo. Chi lo ha ucciso è un infame e non mi interessa il mandante, voglio sapere chi gli ha sparato e vedrà che gli assassini saranno anche al funerale: offro un premio di 100 mila euro a chi aiuta nelle indagini, i soldi non ce li ho, me li faccio prestare. Tutto pur di avere giustizia: gli hanno sparato senza pietà, un’esecuzione. Se mio figlio aveva sbagliato dovevano venire da me, non ucciderlo, sono degli infami...».
Ultimo aggiornamento: 17:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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