Mandela, il mondo in lutto: il 15 dicembre i funerali di Stato

Venerdì 6 Dicembre 2013 di Marco Guidi​
Mandela, il mondo in lutto: il 15 dicembre i funerali di Stato
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morto Nelson Mandela, il padre della lotta alla segregazione razziale in Sudafrica. Madiba, come veniva chiamato dai sudafricani, aveva 95 anni, di cui 27 passati in carcere. Premio Nobel per la pace nel 1993, ha saputo pacificare il proprio Paese una volta vinto il razzismo diventandone il primo presidente di colore. Come disse con spirito profetico ai giudici che lo condannarono all’ergastolo: «Ho lottato contro il domino dei bianchi, ho lottato contro il dominio dei neri, perché ho scelto l'ideale democratico».

L'ANNUNCIO DEL PRESIDENTE ZUMA

Nelson Rolihlahla Mandela è morto ieri a 95 anni nella sua casa di Johannesburg. Era nato il 18 luglio 1918 a Mvezo, un villaggio del Transkei (Sudafrica orientale), da una nobile famiglia della grande etnia Xhosa. Suo padre era il capovillaggio. Il suo vero nome fu Rolihlahla, che in lingua Xhosa significa «colui che provoca guai». Il nome Nelson gli fu affibbiato dalla sua insegnante elementare il primo giorno di scuola: «Devi avere un nome inglese» gli disse. Finito il liceo, Mandela si iscrisse all'università di Fort Hare, la sola riservata ai neri. Lì conobbe Oliver Tambo per tanti anni suo compagno di lotte. E insieme a Tambo Mandela fu espulso per motivi politici. Tornato al villaggio natale scoprì che la famiglia, secondo le usanze tribali, gli stava organizzando un matrimonio.

LA FUGA

Non volendo offendere le tradizioni ma deciso a sposare chi voleva lui, fuggì a Johannesburg dove trovò un lavoro come guardiano notturno. Di notte lavorava e di giorno studiava fino a diventare avvocato. Intanto frequentava quei politici che si battevano contro il potere bianco. Uno di loro Walter Sisulu divenne suo mentore e nel 1944 Mandela sposò la cugina di Sisulu, Evelyn. Intanto era entrato a far parte dell'Anc, l'African National Congress, il partito dei neri. E fu lui, con Tambo e Sisulu, a fondarne il movimento giovanile. L'Anc era nel mirino di polizia e servizi segreti, tanto da dotarsi di una struttura clandestina di cui Mandela fu uno dei capi. Così, nel 1956, egli fu arrestato con l'accusa di alto tradimento. Il processo andò avanti fino al 1961 e si risolse con un'assoluzione piena. Nel frattempo Mandela aveva divorziato dalla prima moglie e sposato una compagna di lotta, Winnie. Fu nello stesso anno che l'Anc venne messa fuori legge e fece la scelta della resistenza armata. Il capo del movimento armato la «Lancia della nazione» era lui, Nelson.

L’ARRESTO

Espatriò clandestinamente per partecipare a Addis Abeba al grande congresso dei leader neri. Al suo ritorno, era il 1962, fu di nuovo arrestato per espatrio clandestino. Ma fu nel 1963, con l'arresto dei vertici dell'Anc, che lui e tutti gli altri furono accusati di sovversione e tradimento e condannati all'ergastolo. Furono tutti trasferiti nella durissima prigione di Robben Island. Più volte il governo razzista bianco cercò un accordo con colui che in tutto il mondo stava diventando un simbolo. Nel 1976 e nel 1986 gli fu offerta l'amnistia, a patto che rinunciasse alla lotta. La sua risposta fu un netto rifiuto. La sua salute però peggiorava, nel 1988 fu ricoverato in ospedale per tubercolosi. Ma il mondo stava cambiando, dal 1989 i governanti sudafricani ebbero dei colloqui con lui, colloqui che portarono il presidente Frederick De Klerk ad annunciare nel 1990 la libertà politica.

LA LIBERTÀ

Era ormai il tempo, dopo oltre 27 anni di carcere, l'11 febbraio 1991, Mandela era un uomo libero. Insieme a De Klerk iniziò a studiare la fine dell'apartheid, il che portò entrambi al Nobel per la Pace del 1993. Un anno dopo, con le libere elezioni, l'Anc trionfò (62%) e Mandela divenne presidente del Sud Africa: la grande, nobile idea del neopresidente fu la Commissione per la Verità e la Riconciliazione. Lì, davanti al Paese, chi aveva commesso crimini razziali doveva confessarli. Nessuno gli avrebbe fatto nulla ma le vittime, la storia e la verità sarebbero state risarcite, almeno moralmente. Furono anni di grandi speranze e fatiche quelli della sua presidenza, durata fino al 1999. Nel 1999, non più capo dell'Anc, non più presidente, Mandela era un privato cittadino. Ma Madiba, come lo chiamavano tutti, usando il termine Xhosa con cui si onora l'anziano del clan, non si fermò. Aveva intanto divorziato da Winnie per motivi politici ufficiali e personali privati ed aveva trovato una nuova compagna in Graça Machel, la vedova del presidente del Mozambico. Girava il Paese e il mondo per lottare contro le ingiustizie, le malattie, il sottosviluppo. Ora che il padre della patria sudafricana non c'è più l'Africa intera lo piange. Ma a noi piace ricordarlo con i versi del poeta inglese Wlliam Ernest Henley, che recitava in carcere e che recitò al capitano della squadra sudafricana di rugby, quando il Paese vinse quei mondiali che videro bianchi e neri festeggiare per la prima volta insieme. La poesia si chiama Invictus, come il titolo del bel film a lui dedicato, e si conclude così: «Io sono il padrone del mio destino. Io sono il capitano della mia anima».

Ultimo aggiornamento: 7 Dicembre, 08:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA