Iran, avevano ballato "Happy" sui tetti di Teheran: condannati a 6 mesi di prigione e 91 frustate

Giovedì 18 Settembre 2014 di Federica Macagnone
Iran, avevano ballato "Happy" sui tetti di Teheran: condannati a 6 mesi di prigione e 91 frustate
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È l'ennesimo tassello di una storia iraniana contrassegnata da diritti umani negati. Sei mesi di reclusione e 91 frustate, semplicemente per aver ballato fianco a fianco, uomini e donne, in abiti occidentali.





Loro, sei amici di Teheran, ad aprile scorso avevano sfidato le regole, i tabù e le leggi per mostrare al mondo che si poteva essere felici semplicemente regalando sorrisi: tre ragazzi e tre ragazze, vestiti in abiti occidentali, avevano ballato sulle note di Happy, la canzone di Pharrell Williams sui tetti della loro città.



La moda stava spopolando in tutto il mondo, ogni città aveva realizzato un video sulle note del tormentone e anche loro non volevano mancare all'appello. Ma se a Roma e a New York il video ha strappato risate e tanti like, a Teheran ha irritato a tal punto che i ragazzi, a maggio scorso, sono finiti in carcere, dopo che la clip sui social era diventata virale. Le autorità iraniane avrebbero trovato oltraggioso il fatto che tre ragazze ballassero accanto agli uomini e non indossassero un hijab, il tradizionale copricapo.



Durante il periodo dietro le sbarre, i sei sarebbero stati umiliati e costretti ad andare ospiti della televisione nazionale per chiedere scusa per il video e per rivelare che erano stati «indotti a farlo». Dopo la confessione, i ragazzi sono stati rilasciati su cauzione. In queste ore è arrivata la condanna: sei mesi di carcere e 91 frustate. Un anno di reclusione è stato inflitto al regista del video, Sassan Solemani.



Momentaneamente le condanne sospese sono a una condizione: per i prossimi 3 anni i giovani non dovranno cacciarsi nuovamente nei “guai” e stare alla larga da iniziative "occidentali" che potrebbero riportarli in carcere. «Una condanna sospesa decade dopo un certo periodo di tempo - ha detto l'avvocato Farshid Rofugaran - alla sentenza non verrà data esecuzione ma se nei prossimi tre anni commetteranno dei reati simili allora gli imputati verranno puniti».



I ragazzi adesso dovranno decidere se accettare il verdetto o appellarsi. A maggio lo stesso Pharrell si era schierato a fianco del gruppo con un tweet: «È triste che questi ragazzi siano stati arrestati soltanto per aver tentato di diffondere la felicità».



Ma la storia di questi giovani si fonde e si mischia alle tante storie di repressione che arrivano dall'Iran. In un paese dove è vietato, solo per fare un esempio, l'uso delle antenne paraboliche, la libertà di stampa è pressoché inesistente e c'è un costante filtraggio delle notizie che circolano su internet, le storie di coraggio e ribellione si sovrappongono a quelle di morte e repressione. E purtroppo, con una radicata cultura fondamentalista e maschilista, chi ne fa le spese spesso sono le donne.



Arrestata per una partita di volley. Ghoncheh Ghavami, una ragazza anglo-iraniana, è da giugno in carcere a Teheran per essere andata a vedere una partita di pallavolo maschile della World League Italia-Iran. La 25enne, studentessa di legge a Londra e di madre inglese, è stata arrestata il 20 giugno dopo essere andata allo stadio dove era stato srotolato uno striscione per protestare contro il divieto per le donne di assistere ai Mondiali di pallavolo a Teheran, alla vigilia della partita Iran-Italia. Dall'inizio della rivoluzione khomeinista, nel 1979, alle donne è vietato andare allo stadio per le partite di calcio. Un divieto esteso dal 2012 anche alla pallavolo, secondo Amnesty International.



Posti a terra per le giornaliste. Ha fatto il giro del mondo la foto della conferenza del ministro degli Affari Esteri dell'Iran Javad Zarif, a Teheran. Le giornaliste di sesso femminile, coperte dal velo, erano costrette a prendere appunti sedute a terra. Niente posto per loro. Le sedie erano occupate da una platea di uomini comodamente seduti. In molti hanno preso posizione condannando l'episodio.



«Il direttore è femminista»: il giornale rischia di chiudere. «Il femminismo è obsoleto e Shahla Sherkat non deve più scriverne». Nel mirino della censura iraniana questa volta c'è il direttore di “Zanan-e Emruz”, i cui articoli, a favore dei diritti delle donne, le hanno valso l’accusa di “femminismo” e un processo davanti al “Tribunale per i media”. Il coraggioso direttore-donna dovrà difendersi dall’accusa di sostenere “tesi obsolete” e rischia la chiusura della testata.
Ultimo aggiornamento: 17:29

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