Grecia, Varoufakis: se vince il sì lascio. ​Merkel: stop alle trattative fino al voto

Giovedì 2 Luglio 2015
Grecia, Varoufakis: se vince il sì lascio. ​Merkel: stop alle trattative fino al voto
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Il ministro greco delle Finanze Yanis Varoufakis ha dichiarato che si dimetterà se vincerà il sì al referendum di domenica sulla proposta dei creditori alla Grecia.

Mercati deboli oggi in attesa del verdetto del voto.

Intervistato da Bloomberg Tv, Varoufakis ha riposto negativamente quando il giornalista gli ha chiesto se sarà ancora al suo posto lunedì sera in caso di vittoria del sì. Se vincerà il No, ha aggiunto Varoufakis, inizieranno i colloqui su un nuovo accordo e «credetemi, l'accordo ci sarà».

Il ministro ha anche accusato l'Europa di «aver preso la decisione politica di chiudere le banche» per costringere i greci ad accettare un accordo non sostenibile.

Le banche greche «apriranno regolarmente martedì» prossimo, ha poi asicurato il ministro delle Finanze greco, aggiungendo che gli istituti di credito ellenici sono «perfettamente capitalizzati».

Fmi. La Grecia avrebbe bisogno di nuovi finanziamenti per 50 miliardi di euro (56 miliardi di dollari) fino al 2018 per far fronte all'insostenibilità del suo debito. Lo afferma il Fmi in un rapporto. Il rapporto, pubblicato sul sito del Fondo, fa un'analisi del debito greco ed è stato redatto poco prima del fallito accordo nelle ultime ore e del default di Atene nei confronti del Fmi. «Questi ultimi sviluppi - si sottolinea - avranno certamente un ulteriore impatto economico e finanziario significativamente negativo» sulla situazione greca. Perchè - si ribadisce - «la Grecia è preclusa dall'ottenere nuovi aiuti fino a che non avrà pagato in pieno i suoi arretrati col Fondo». Nel rapporto si legge anche come secondo il Fmi i creditori dovrebbero offrire alla Grecia tassi di interesse scontati e una estensione del periodo previsto per il rimborso dei prestiti.

Il giallo del sondaggio. La rilevazione attribuita alla società Gpo e pubblicato da Kathimerini, che vedeva in vantaggio i sì al referendum di domenica in Grecia, è stata smentita dalla stessa società. «Non

abbiamo alcuna responsabilità per quelle cifre pubblicate dai media e useremo tutti i mezzi legali per tutelare i nostri interessi», fa sapere l'azienda in un comunicato riferendosi a una rilevazione da cui il sì per la prima volta appariva in testa. Ieri invece, un sondaggio condotto per un quotidiano vicino al premier greco, Efimerida, aveva calcolato un 46% di no, contro il 37% di sì.

Atene fino a ieri aveva provato a rilanciare chiedendo nuovi negoziati, ma per Berlino ormai è tardi: non si tratta prima del voto. Il premier greco Alexis Tsipras però insiste e sostiene di volere un accordo con i creditori, che accusa anche di ricattare la Grecia. Poi ribadisce l'invito a votare no alle proposta dei creditori al referendum di domenica. Un no però che - precisa Tsipras - non è contro l'Europa e non significa uscita dall'euro.

Il premier Matteo Renzi, ieri a Berlino dove ha incontrato Angela Merkel, critica la scelta di indire il referendum: un errore, la Grecia faccia le riforme. In nottata telefonata tra Renzi e Barack Obama: «Tutti lavorino per riportare la Grecia su una strada

di riforme e finanziaria».

Tsipras però non arretra e va avanti con il suo referendum invitando di nuovo i greci a votare "no" e l'Europa congela ogni trattativa. Fino a domenica cala il silenzio dei creditori, perché ogni tentativo di raggiungere un'intesa, anche oltre l'ultimo minuto, è fallito, e ora si aspetta il voto dei greci. Anche la Bce si mette in modalità di attesa: ha infatti lasciato invariato il livello massimo stabilito per l'erogazione di liquidità di emergenza (Ela) per le banche greche, che era fissato a 89 miliardi.

La Merkel ha così deciso di andare a vedere fino in fondo il gioco a cui sta giocando Tsipras, convocando una consultazione rischiosa, dall'esito incerto e dalle conseguenze che nessuno è in grado di prevedere. Per questo i creditori si tirano indietro, senza chiudere la porta ma allontanandosi dall'arena che in questi giorni ha visto scontrarsi due mondi politici e due modi diversi di concepire l'Europa.

Salvare la Grecia non è più, per ora, un problema loro: «L'Ue non è in grado di aiutare nessuno contro la sua volontà», avverte il presidente Donald Tusk. Il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker ha anche provato a raccogliere l'ultima proposta di Tsipras contenuta in una lettera arrivata a ridosso della scadenza del programma nella quale ribadiva i paletti su iva e pensioni. La Commissione, anche a programma ormai scaduto, l'avrebbe valutata e magari incorporata in un nuovo eventuale piano, cioè il terzo pacchetto di aiuti che chiede Tsipras. Ma Bruxelles non può muoversi senza l'Eurogruppo. Per avviare un negoziato su un nuovo piano di salvataggio serve prima di tutto il suo via libera, implicitamente legato al via libera dei capi di Stato e di Governo.

Nonostante l'opposizione della Merkel a negoziare subito un terzo piano, Atene probabilmente avrebbe potuto strappare almeno un'apertura o un via libera preliminare. In cambio, però, avrebbe dovuto concedere qualcosa: il ritiro del referendum o quantomeno un cambio di schieramento, spingendo i greci a votare per il sì.

L'Europa teme la consultazione greca perché ne vede il significato esclusivamente politico visto che, dal punto di vista tecnico, il quesito non è nemmeno corretto perché "non è più sul tavolo", come notava il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis. Dunque una vittoria del no, sarebbe un vero e proprio rifiuto dell'Europa.

Tsipras, invece, ha deciso di tirare dritto per la sua strada e ieri in un nuovo discorso alla Nazione ha rinnovato l'invito a un voto negativo, che «non significherebbe dire no all'Europa ma tornare a un'Europa di valori».

L'agenzia Moody's intanto ha tagliato il rating della Grecia a 'Caa3' da 'Caa2'. Il rating resta sotto osservazione per un ulteriore possibile downgrade. «Senza il sostegno dei creditori ufficiali, la Grecia farà default sul debito» detenuto dai privati, sottolinea l'agenzia di rating. L'annuncio del referendum ha aumentato ulteriormente il rischio per i creditori privati, afferma Moody's. Una vittoria del no al referendum «aumenterebbe probabilmente il rischio di un'uscita» della Grecia «dall'area euro, il che si tradurrebbe in significative perdite per i creditori del settore privato». Se la Grecia vuole continuare a mantenere gli obblighi con i creditori ufficiali e privati nei prossimi anni, ha «bisogno di raggiungere un accordo duraturo con i suoi creditori ufficiali».

Ultimo aggiornamento: 3 Luglio, 08:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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