Statali, obbligo di mobilità
e assunzioni mirate

Giovedì 24 Aprile 2014 di Andrea Bassi
Marianna Madia
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Approvato il decreto sull’Irpef, Matteo Renzi si prepara ad affrontare la nuova tappa del suo cronoprogramma: la riforma della Pubblica Amministrazione.



L’appuntamento con gli statali era stato fissato dal premier per la fine di aprile e Renzi ha intenzione di rispettare la data. Ieri ha incontrato in un vertice durato oltre due ore e mezzo il ministro alla pubblica amministrazione, Marianna Madia e il sottosegretario Angelo Rughetti per discutere del provvedimento. O meglio, dei provvedimenti. La riforma ricalcherà infatti quella del lavoro, con un decreto legge che anticiperà le misure più urgenti e un disegno di legge per la parte «strutturale». Il grosso del lavoro è già pronto, e lunedì ci sarà un nuovo incontro per mettere a punto gli ultimi dettagli. Qualche punto fermo durante l’appuntamento di ieri, comunque, sarebbe stato messo.



Almeno per quanto riguarda due aspetti qualificanti del progetto di riforma: la mobilità obbligatoria e lo sblocco del turn over. Su questo secondo punto il piano predisposto dalla Madia manterrebbe le attuali proporzioni tra uscite ed entrate: una nuova assunzione ogni cinque pubblici dipendenti che lasciano il servizio. Questo permetterebbe senza troppi sacrifici l’uscita degli 85 mila statali indicati nella spending review del commissario Carlo Cottarelli, anche attraverso i prepensionamenti, e che impegna il comparto a risparmi per 3 miliardi di euro. C’è però una novità. Il turn over sarà centralizzato. Significa, per esempio, che anche se i pensionamenti o prepensionamenti, ci saranno, per esempio, per il ministero delle Politiche agricole, le assunzioni potrebbero essere effettuate da altri dicasteri a seconda dei fabbisogni a valere su quelle stesse uscite.



GLI ALTRI PUNTI

I dipendenti, insomma, non saranno più considerati di un singolo comparto, ma della «Repubblica» e dunque potranno essere impiegati dove c’è esigenza. Questo, di fatto, renderà la mobilità obbligatoria, perché nella ridefinizione delle esigenze di organico tutti potranno essere chiamati a cambiare amministrazione. Ieri in un tweet, parlando della riforma, in particolare riferendosi ai dirigenti, Renzi ha sintentizzato in «più merito, più mobilità, più qualità» i punti cardine del progetto. E proprio i dirigenti potrebbero essere interessati da uno dei passaggi più immediati del progetto, la parte che potrebbe finire nel decreto legge. Una serie di misure per garantire risparmi fino a 500 milioni di euro erano state già inserite nelle prime bozze del provvedimento sull’Irpef, con l’imposizione non solo del tetto a 240 mila euro, la cosiddetta «norma Olivetti», ma anche con delle fasce di reddito per i dirigenti non apicali.



Questo progetto dovrebbe essere ormai definitivamente archiviato, mentre l’idea sarebbe quella di agire sulle indennità di risultato e su quelle di posizione. Le prime hanno un elevato valore, circa 2,8 miliardi di euro l’anno per tutta la Pubblica amministrazione, e dovrebbero essere erogate il prossimo mese di dicembre. Il piano prevede non più una loro distribuzione a pioggia, ma la loro parametrazione ai risultati effettivamente conseguiti (anche in termini di risparmi di spesa) e una quota sarà legata anche all’andamento economico del Paese. Ieri lo stesso Renzi, sempre in un tweet, ha annunciato che a Palazzo Chigi questa innovazione è già in vigore. Anche l’indennità di posizione dovrebbe essere ricalibrata in base alle funzioni dirigenziali effettivamente svolte. C’è poi il capitolo «semplificazione» che passa attraverso l’innovazione tecnologica. Renzi ha in mente di accelerare sull’identità digitale, immaginando un codice «Pin» da dare ad ogni italiano per entrare in tutti gli uffici della pubblica amministrazione restando comodamente a casa.
Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 12:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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