Dietrofront sugli statali i contratti
non saranno bloccati fino al 2020

Sabato 12 Aprile 2014 di Andrea Bassi
Dietrofront sugli statali i contratti non saranno bloccati fino al 2020
14
Il primo a frenare stato il sottosegretario alla Funzione pubblica Angelo Rughetti. Con un hashtag su Twitter, #nopanic, ha cinguettato: il blocco contratti 2020 non esiste». Poi è arrivata anche una nota ufficiale del Tesoro. Il governo, insomma, smentisce l’intenzione di estendere per altri sei anni il congelamento dei contratti del pubblico impiego. Un blocco che ormai va avanti dal 2010. La lettura del Def aveva fatto scattare l’allarme rosso tra i sindacati perché nelle tabelle sono stanziati solo i fondi per la cosiddetta «vacanza contrattuale», quella che si versa ai lavoratori in mancanza di un nuovo contratto, e non invece i fondi per il rinnovo. La ragione della mancanza dei finanziamenti per il rinnovo dei contratti, ha spiegato il ministero dell’Economia, è tecnica. Le previsioni contenute nel Def, sostiene il Tesoro, sono elaborate sulla base della legislazione vigente che determina la spesa per redditi da lavoro delle amministrazioni pubbliche, e quindi costruite tenendo conto solo degli effetti economici conseguenti da leggi e norme già in vigore. Secondo la normativa contabile italiana, il finanziamento delle risorse per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego è effettuato con la legge di stabilità. Non esistendo ancora la norma che provvede allo stanziamento delle risorse per il rinnovo dei trienni contrattuali 2015-2017 e 2018-2020 - osserva il ministero - non è tecnicamente possibile considerare i corrispondenti importi nello scenario di previsione a legislazione vigente. Se il rinnovo del contratto per gli statali ci sarà, spiegano fonti del governo, sarà deciso solo a settembre, quando si metterà mano alla legge di stabilità. Molto dipenderà dall’andamento dei conti pubblici, dal quadro tendenziale dell’economia. I pubblici dipendenti, comunque, restano nel mirino dell’esecutivo. Ieri il premier Matteo Renzi ha parlato della necessità di una «violenta lotta contro la burocrazia». Il primo assaggio ci sarà con il decreto taglia-Irpef. Nel provvedimento con il quale il governo punta a riversare nelle buste paga dei lavoratori con redditi fino a 25 mila euro 80 euro in più già a maggio, una quota consistente di tagli arriverà da una riduzione delle retribuzioni dei dipendenti pubblici. Oltre al tetto massimo di 239 mila euro per gli alti burocrati, a stringere la cinghia saranno anche tutti gli altri dirigenti. Sul piatto ci sono due ipotesi. La prima inserire anche per le fasce inferiori dei tetti massimi di guadagno (80 mila euro per la seconda fascia e 140-150 mila euro per la prima). La seconda è un taglio progressivo dal 6 al 18%delle retribuzioni. Intanto, sempre in vista del decreto taglia-Irpef, resta irrisolto il nodo degli incapienti, coloro che guadagnano meno di 8.000 euro l’anno per cui non pagano Irpef e resterebbero esclusi dal beneficio fiscale.





IL NODO RISORSE

Per estendere anche a loro il contributo di 80 euro al mese, ottenuto per le altre fasce di reddito con il taglio dell'Irpef, servono 1,5-2 miliardi. A spiegarlo è stato il sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, a Sky Tg24 aggiungendo che la misura potrebbe arrivare in un secondo momento. Zanetti, comunque, si è detto «fiducioso» di riuscire a farcela. Per quanto riguarda invece le modalità tecniche per l'elargizione su cui è in corso la valutazione del ministero dell'Economia, vanno dall'ipotesi di una sorta di anticipo da parte del datore del lavoro «che va poi compensato» a quella di un pagamento diretto da parte dello Stato, fino ad una defiscalizzazione dei contributi previdenziali.
Ultimo aggiornamento: 13 Aprile, 12:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci