CariVenezia entro l'anno
sarà incorporata in Cassa Veneto

Giovedì 24 Aprile 2014 di Maurizio Crema
Una filiale della Carive
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Le grandi manovre in banca Intesa avranno effetti importanti anche nel Nordest. È infatti allo studio un profondo processo di razionalizzazione che vedrà quasi sicuramente entro l’anno la fusione di Cassa Venezia in Cassa del Veneto. Il 2015 dovrebbe essere l’anno dell’incorporazione di Cassa del Friuli Venezia Giulia.

La decisione finale non è stata ancora presa ma l’istruttoria decisa dai piani alti di banca Intesa è in fase avanzata e riguarda tutte le 17 le banche territoriali della rete italiana del gruppo. Il primo obiettivo degli uomini del presidente Giovanni Bazoli e dell’Ad Carlo Messina è valorizzare al massimo marchi che sono anche storia (Venezia è stata la prima Cassa di risparmio fondata in Italia, 11 gennaio 1822). La bandiera quindi non dovrebbe essere ammainata, come la valorizzazione del territorio, da attuare anche con direzioni proprie e una certa autonomia. Nel caso di Venezia si starebbe pensando anche a un doppio regime giuridico: sede legale in Laguna e direzionale a Padova, sulla falsariga di quanto fatto per la capogruppo (sede legale a Torino, sponda SanPaolo, operativa a Milano, ex Cariplo). Esclusi esuberi, in ogni caso la politica di contenimento dei costi e sviluppo online vedrebbe a livello generale 4500 persone da ricollocare allo sportello (sviluppando al massimo la banca estesa fino alle 20 e al sabato mattina) e circa 800 filiali da chiudere.

«Per ora sono solo voci, ma ormai le banche a rete agiscono già come una struttura decentrata della capogruppo, di veramente autonomo rimane solo la denominazione - spiega Federico Schiavon, segretario del coordinamento Fisac Cgil per Cassa del Veneto e nella direzione sindacale di gruppo - Da un punto di vista operativo siamo già omologati. In questo contesto di crisi non credo possiamo più permetterci un gruppo articolato su 17 banche e una pluralità di società prodotto. L’importante è gestire questo processo con la partecipazione della parti sociali e senza licenziamenti collettivi utilizzando gli ammortizzatori sociali di settore». Il sindacalista della Fisac non si sorprende della grande ristrutturazione: «È positivo che abbiamo escluso la riduzione degli organici e che si parli di riconversione professionale per i potenziali esuberi, ma per attuarla servono risorse finanziarie ingenti - osserva Schiavon - nel piano industriale si mette per ora a disposizione un miliardo di euro, si tratta di vedere se queste risorse saranno sufficienti per ricollocare le 4500 persone previste dalla chiusura delle filiali e dalla chiusura delle strutture centrali di rete». Con le fusioni le direzioni rimaste a presidio delle ex direzioni di banca sarebbero superflue. «Ma ormai lo snellimento degli organici è stato attuato - osserva il segretario Fisac per Cassa del Veneto -. L’apertura fino alle 20 e al sabato mattina, che nel Nordest interessa una cinquantina di filiali, funziona parzialmente: c’è una carenza di organico, servirebbero maggiori investimenti in risorse umane e tecnologici anche per la sicurezza. Se una parte dei 4500 venissero destinati alla copertura di questo servizio saremmo a buon punto. In ogni caso noi non perseguiamo logiche campanilistiche ma puntiamo a salvaguardare l’operatività e l’occupazione della banca». Il federalismo in banca come in politica è al tramonto.
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