Emergenza coronavirus: la famiglia di ciclisti giramondo bloccata a El Salvador

Domenica 19 Aprile 2020 di Mauro Favaro
La famiglia che ha macinato 24500 chilometri in bici
Dalle pedalate lungo le carreteras dell’America Latina a oltre un mese di quarantena obbligata in una cooperativa di piccoli produttori di caffè nel cuore di El Salvador, paese dell’America centrale affacciato sull’oceano Pacifico. Negli ultimi quattro anni le biciclette della famiglia giramondo di Revine sono diventate sinonimo di libertà. Il coronavirus, però, è arrivato fin dall’altra parte del pianeta. E ha fermato anche loro.
«Essere viaggiatori italiani all’estero ora è davvero tosto - raccontano Sebastien Bellet Grava e Alberta Spinazzè - chi sa che ci sono italiani nei paraggi, si preoccupa. Al momento, comunque, noi non usciamo e non vediamo nessuno». Assieme alle figlie, Anna e Angela, dal 2016 ad oggi hanno macinato oltre 24.500 chilometri in sella alle loro bici tra il sud e il centro America. La pandemia da Covid-19 ha interrotto la splendida avventura a El Salvador, paese dove il coronavirus finora ha contagiato 159 persone, facendo sei morti. Il virus li ha sorpresi mentre stavano pedalando lungo la costa del Pacifico. All’inizio avevano pensato di entrare in Guatemala prima della chiusura delle frontiere. Poi è stato imposto il blocco.
LA SITUAZIONE
Dal 12 marzo sono ospitati nella cooperativa Los Pinos, oggi chiusa, nella zona de El Congo, affacciata sul lago de Coatepeque. Vivono in isolamento tra alberi di banane, avocado e mango, usando come riparo una casetta del progetto di turismo comunitario. «Abbiamo rinunciato consapevolmente a un volo di rimpatrio alla luce della preoccupante situazione in Italia. Per il momento ci sembra più saggio rimanere qui che fare i salti mortali per ritornare a casa – spiega Sebastien – avevamo provato a entrare in Guatemala prima della chiusura delle frontiere. Non ci siamo riusciti. Ed è andata bene così. El Salvador ha adottato le più severe misure di quarantena prima di tutti gli altri paesi del continente americano. Già il 17 febbraio, quando siamo entrati dall’Honduras, ci avevano controllato secondo i protocolli di prevenzione. Grazie alle precauzioni prese dal governo di Nayib Bukele, oggi ci sentiamo piuttosto tranquilli. Per ora staremo qui e continueremo a dare il nostro contributo alle attività della cooperativa».
LE RIFLESSIONI
Da lì non possono assolutamente uscire. L’isolamento è rigoroso. L’esercito pattuglia le strade di El Salvador. La famiglia di Revine è riuscita a fare scorta di cibo. Al momento stanno tutti bene. Adesso non resta che attendere. In isolamento con loro ci sono anche due ragazze argentine che viaggiavano a bordo di un camper e che dalla Patagonia puntavano all’Alaska. Almeno non sono completamente soli. «Chi l’avrebbe mai detto che la nostra missione si sarebbe interrotta così dopo 24.500 chilometri da Ushuaia, la punta della Patagonia? – dicono Sebastien e Alberta – l’esperienza fatta, comunque, ha allenato il nostro spirito di adattamento. L’unica cosa che ci destabilizza è l’incertezza verso il futuro: la libertà di movimento senza confini ora è stata travolta, i paletti sui quali si reggeva la nostra società stanno crollando, nel bene e nel male». «La nostra speranza è che questa crisi possa risvegliare la consapevolezza dei veri valori e delle priorità della vita, e che l’umanità possa rinascere con il piede giusto dopo il Covid-19 – concludono – auguriamo all’Italia e al mondo intero serenità e resilienza per poter superare assieme questa pandemia».
Ultimo aggiornamento: 09:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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